«Giocare nella Roma è un onore per me»

Written By Unknown on Rabu, 26 Desember 2012 | 23.22

Bradley, l'americano giallorosso, si confessa al New York Times: «Mi sto godendo ogni attimo qui. Ti accorgi di quanto sia grande il club, speciali i tifosi e di come la gente ami questa squadra»

ROMA - La pressione quotidiana per conquistarsi la maglia da titolare, a volte solo per giocare uno spezzone di gara. Si cresce anche, o forse soprattutto così in campo, e lo ha imparato Michael Bradley che a 25 anni si gode il salto nella Roma di Zeman: il giocatore americano, sbarcato in giallorosso dopo una stagione al Chievo e i passaggi in Europa con il Borussia Monchengladbach e all'Aston Villa, guarda più all'anno che verrà che al 2012 ormai alle battute finali. "Adesso è tutto diverso - confessa il centrocampista in un'intervista al New York Times - Il primo anno con il Chievo mi ha aiutato a crescere come giocatore e come persona. Quando sono arrivato a Roma, non ci è voluto molto per capire che è un altro mondo. Mi sto godendo ogni attimo qui. Ti accorgi di quanto sia grande il club, speciali i tifosi e di come la gente ami questa squadra. Per me è un grande onore essere qui. Sto migliorando e abbiamo la squadra per continuare a migliorare".

CALCIO SPETTACOLO - Nella gara con il Milan, vinta 4-2 dalla Roma - che dal 28 sarà ad Orlando, in Florida, per una parentesi di allenamenti americani - Bradley ha giocato dal primo minuto: un obiettivo che nella squadra di Zeman non è scontato per nessuno. Ed è questo 'agone' interno che garantisce un valore aggiunto. "In un grande club c'è solo da imparare - sottolinea lo statunitense - Ma fino a quando non giochi in una squadra come questa, non c'è possibilità di provare certe cose. L'idea di scendere in campo con la pressione di dover vincere, indipendentemente dalla squadra che affronti o dal fatto che si giochi in casa o in trasferta. La pressione c'è sempre. C'è una competizione vera per giocare, con due o tre giocatori per ogni ruolo. Ti puoi allenare al meglio ogni giorno ma anche così le decisioni possono non essere a tuo favore. Devi essere pronto ogni volta ci sia bisogno di te, magari nell'ultima mezz'ora di gara oppure come titolare nella partita successiva. Devi fare i conti con il fatto che una squadra ha tanti giocatori: per capire devi stare qui e vivere la quotidianità".

L'OBIETTIVO - Bradley sapeva che per farsi le ossa da giocatore doveva emigrare nel Vecchio Continente: "Ho cominciato nei MetroStars a New York, ma ho sempre saputo che per fare un'ottima carriera mi sarei dovuto trasferire in Europa. Per metterti alla prova, devi venire in Europa. La prima opportunità fu in Olanda. Bisogna poi migliorare e crescere, giocando nei migliori club, facendo la Champions e i mondiali". E con la maglia della nazionale - che è stata allenata da suo padre, Bob - punta alle qualificazioni ai mondiali di Brasile 2014. "Io lavoro duramente e cerco di dare il massimo - sottolinea Bradley -. Il 2013 sarà molto importante: ci aspettano dieci partite con le sei nazionali più forti della Concacaf. C'è poco spazio per gli errori. Dobbiamo vincere e qualificarci per i mondiali. È una grande sfida, ma questo è l'aspetto più stimolante". Bradley guarda avanti e punta in alto, Roma e Usa nel cuore.


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