Il Brasile è qui dietro. Abbiamo 4 punti in più della Bulgaria, 5 in più della Repubblica Ceca che però ha una partita in meno, abbiamo il girone in mano e ieri sera abbiamo quasi eliminato la Danimarca
Il Brasile è qui dietro. Abbiamo 4 punti in più della Bulgaria, 5 in più della Repubblica Ceca che però ha una partita in meno, abbiamo il girone in mano e ieri sera abbiamo quasi eliminato la Danimarca. Ma il buono di San Siro va oltre questi dati, va dentro a una squadra che sembra sempre meno una Nazionale e sempre più un club. O forse più di un club. Perché Balotelli ha fatto quanto in questa stagione non hanno ancora visto a Manchester; perché De Rossi ha segnato due gol in due partite mentre nella Roma era finito in panchina; perché Montolivo ha giocato ancora da protagonista, certificando una situazione che risale almeno a due anni fa: esistono due Montolivo, uno in Nazionale (ed è al livello del suo idolo Gerrard) e uno nei club (Fiorentina o Milan) che non è parente del precedente.
Per una stupidaggine di Osvaldo, l'Italia è rimasta in dieci per tutta la ripresa, dopo aver subìto il gol del 2-1 nel minuto di recupero del primo tempo. In pochi secondi, intervallo escluso, poteva franarci il mondo addosso, ma questa squadra il mondo l'ha retto con le sue mani, con una forza spaventosa, un carattere che non ha mai smarrito, una personalità netta e una voglia incontenibile di prendere tutto quello che voleva. Altre volte abbiamo giocato meglio, però mai così insieme, mai così uniti, così compatti, così decisi. C'era più cuore che gioco, ma in dieci abbiamo segnato il 3-1, poi ci siamo difesi senza perdere le distanze e senza permettere ai danesi tignosi e fallosi di creare pericoli seri a De Sanctis.
L'Italia sa soffrire. Lo avevamo visto anche in Armenia. Stavolta la difficoltà è stata evidente non solo nella ripresa, per ragioni numeriche, ma anche nei primi 20' che abbiamo giocato con un modo preoccupato, contrario alla linea di Prandelli. Eravamo senza equilibrio, non facevamo possesso palla come nel biennio precedente e non davamo intensità alla manovra come vorrebbe ora il ct. Poi il ritmo è cresciuto, la velocità anche, l'intensità pure e l'Italia è tornata se stessa. L'hanno tirata su tre giocatori che hanno vissuto giorni molto particolari. Balotelli, per cominciare. Il ct era stato chiaro, anzi, duro, schietto, tagliente con questo ragazzone che continuava a non dare segnali di crescita. La risposta attesa è arrivata. Non per l'assist per Montolivo, perché quella magìa è dentro al suo repertorio, gli viene con naturalezza; e nemmeno per il gol, un tocco coraggioso e del coraggio di Mario nessuno ha mai dubitato. Gli viene meno bene resistere alle pedate, ai pestoni, ai colpi e alle provocazioni (il fallo di Agger sull'assist è stato un pezzo di cattiveria assoluta); non gli viene facile giocare per la squadra con tanta applicazione, ancora meno stare dentro la partita per 90 minuti che ieri, invece, sono stati straordinari. Balotelli è piaciuto perché non è stato eccessivo: come gli aveva detto Prandelli più di due anni fa, nel suo vecchio stadio si è visto il giocatore e non il personaggio, ha fatto Balotelli e non ha balotellizzato.
La storia di De Rossi, due gol in 4 giorni con la Nazionale, dove era arrivato dopo l'esclusione nella Roma, è la storia di un riscatto definitivo; quella di Montolivo, è la storia di un ragazzo con la doppia vita (calcistica). Quando ne avrà una sola, sarà uno dei più forti centrocampisti d'Italia. Da oggi, Juve-Napoli. Se sarà bella, sanguigna e vera come la partita della Nazionale ci divertiremo anche in campionato. L'Italia, ancora una volta, ha tracciato la via.
Alberto Polverosi
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